Il ciclo di quattro scene realizzato ad affresco lungo le pareti della navata non è perfettamente leggibile per il mediocre stato di conservazione ed è finora di anonima paternità non essendo stata rintracciata alcuna attestazione documentaria relativa alla sua realizzazione. Tuttavia, in base ai dati stilistici delle parti in migliori condizioni, emerge in modo netto lo stile di decoratore milanese Federico Ferrario, che affrescò molte chiese della Lombardia nella seconda metà del Settecento e specialmente a Bergamo a partire dal 1759 (attribuzione di A. Civai). I soggetti dovrebbero illustrare episodi della vita di San Giovanni Gualberto e San Benedetto. L'opera in esame fa riferimento probabilmente a quando San Giovanni Gualberto, durante una carestia, ordinò di spezzare gli ultimi tre pani rimasti in convento e di darne una porzione a ciascun confratello, sicuro che la misericordia di Dio non li avrebbe abbandonati. All'ora di pranzo i monaci osservarono il divieto di mangiare la carne, stabilito dalla Regola, e si sfamarono solo con pezzetti di pane. Il giorno seguente, come aveva predetto Giovanni Gualberto, arrivarono al monastero uomini carichi di sacchi colmi di frumento mandati da sconosciuti benefattori di Firenze. Tra gli altri affreschi è possibile riconoscere anche la scena in cui San Benedetto ha la visione della sorella Santa Scolastica, a lui premorta e qui raffigurata assisa su una nuvola.(Alessandra Civai, Lisa Fracassetti)Per approfondire :L'abito dei monaci
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