L'abito dei monaci


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Secondo la Regola di San Benedetto il monaco deve vestirsi sobriamente ed è l'abate a fornire il vestiario. L'abito era costituito da una tonaca di lana, di derivazione romana, fermata in vita da una cintura o da una corda, e sopra la cocolla, che è una sopraveste con ampie maniche e cappuccio e che veniva indossata in momenti particolari, come le sacre funzioni nel coro e anche per le uscite dal monastero, che dovevano essere sempre motivate da necessità conventuali. Inizialmente bianco, l'abito benedettino divenne nero per distinguerlo da quello dei Cistercensi. San Giovanni Gualberto volle che l'abito dei suoi monaci fosse uguale al benedettino ma di colore grigio o bruno mescolando lana nera e lana bianca. Una testimonianza di questo primo abito vallombrosano è nell'affresco raffigurante la Moltiplicazione dei pani e dei pesci, detto anche Elemosina vallombrosana, sulla controfacciata della chiesa di Astino. I Vallombrosani per questo venivano chiamati anche "monaci grigi". Nel 1662, quando i Silvestrini, appartenenti anch'essi alla famiglia benedettina, si unificarono brevemente ai Vallombrosani, l'abito divenne nero e così rimase.
(Alessandra Civai, Lisa Fracassetti)